Sono state le grandi potenze atomiche ad auto erigersi come titolari di un potere superiore con diritto di veto sulle decisioni della maggioranza, demolendo così i principi di democrazia e uguaglianza sui quali poggiava l’organizzazione.
I primi paesi a fabbricare armi di distruzione di massa furono considerati come dissuasori e utilizzarono questo potere durante tutto il XX secolo per poter istituire o rovesciare governi, imporre piani economici e condizioni favorevoli per lo sviluppo e la crescita delle proprie imprese impossessandosi delle materie prime e della mano d’opera necessaria per portare avanti i propri modelli espansionistici.
Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna e Cina hanno utilizzato la loro potenza militare per esercitare una supremazia terrificante nei confronti del resto del mondo, arrivando a giustificare atti di sterminio come guerre preventive o azioni per la difesa dei Diritti Umani delle stesse vittime dei loro bombardamenti.
L’esempio più recente di questa sanguinosa ingerenza è stato l’intervento militare in Libia, un paese che si trova oggi in una situazione ancor più critica e con gravi problematiche che dopo gli attacchi e i massacri sono rimaste irrisolte.
L’utilizzo dei media per fomentare questa azione di intervento umanitario esplosivo o per mettere a tacere le vicende che accadono durante queste azioni di guerra sono pratiche abituali oltre che strategicamente fondamentali per controllare l’opinione pubblica. Non importa cosa faccia o non faccia il leader di un paese remoto, la ripetizione costante di un giudizio elaborato dai grandi poteri, moltiplicato e trasmesso 24 su 24, finisce con stabilire l’idea che sia inevitabile agire contro questo leader illegittimo o questo popolo che lo sostiene.
Gheddafi, assassinato in diretta con tanto di immagini del corpo senza vita schernito dai suoi stessi esecutori, è stato l’ultima vittima del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con il silenzio complice del resto delle nazioni assoggettate al potere militare di questi 5 paesi.
In questo preciso momento si consuma una vera lotta in seno al Consiglio, dove 3 paesi cercano di convincere gli altri della necessità di un intervenire in Siria e deporre Bashar al-Assad. Le informazioni che circolano sono contraddittorie, sia quelle che giustificherebbero un’azione militare sia quelle che riguardano le ragioni per cui la Russia e la Cina si oppongono. Conflitto di interessi? Umanitarismo? Posizione strategica di fronte ad un conflitto tra potenze nucleari?
Lo scenario è confuso e pericoloso. Il filo conduttore di qualsiasi discussione dovrebbe essere l’opposizione alla violenza. Non si può spegnere un incendio con la benzina. La pressione diplomatica, i blocchi e le sanzioni sono consentite a patto che non si convertano in un elemento destabilizzante che serve unicamente alla disfatta e a dare via libera all’interventismo straniero.
Tradotto da Eleonora Albini